News n. 2 del 2 giugno 2020
Diritto civile; diritto d’autore
Il carattere sempre creativo del ritratto scultoreo, a differenza di quello fotografico, lo rende soggetto a tutela autoriale piena
Cass., sez. I^ civile, ord. 7 febbraio 2020, n. 2981
La vicenda da cui prende le mosse la pronuncia della Suprema Corte verte intorno alla controversia promossa dallo scultore dell’originale di un busto in bronzo, esposto nella pubblica piazza comunale, e un ente, che avrebbe senza autorizzazione fatto realizzare e poi esposto nella propria sede una copia dell’opera in contestazione. La lite ha dunque ad oggetto la tutela autoriale dell’opera dallo stesso realizzata, la richiesta di distruzione del busto non originale e la condanna al risarcimento dei danni morali e materiali per la violazione del diritto d’autore in capo al committente dell’opera replicata senza autorizzazione.
Nel confermare la sentenza di secondo grado che riconosceva la responsabilità per violazione del diritto d’autore, la Corte di legittimità ha anche enunciato i seguenti principi di diritto:
a) l’art. 98 l.d.a. che consente alla persona ritrattata, ai suoi successori ed aventi causa, di riprodurre il ritratto fotografico, eseguito su commissione, senza il consenso dell’autore, è insuscettibile di applicazione analogica al ritratto scultoreo, essendo tale norma espressamente dettata dal legislatore con riguardo alle fotografie ed alla specifica e limitata tutela prevista per le stesse dai c.d. diritti connessi al diritto d’autore (ex artt. 87-92 l.d.a);
b) l’art. 98 l.d.a. risponde alla ratio “di evitare il ricorrere di situazioni di incertezza, fonti di contenzioso” stante la difficoltà di distinguere, con riguardo ai soli ritratti fotografici, le fotografie artistiche, tutelate come opere fotografiche con piena tutela autoriale ax art. 2, n. 7, l.d.a. dalle fotografie semplici, tutelabili con diritti connessi al diritto d’autore, di durata ventennale, di cui all’art. 87 co. 1 l.d.a. Tale specifica esigenza non ricorrerebbe “per i ritratti contenuti in opere scultoree, nelle quali – come in quelle pittoriche – la creatività dell’opera non è in discussione”.
La considerazione sub a) si snoda sulla constatazione di fondo che non vi è alcun vuoto normativo che ex art. 12 preleggi possa autorizzare il ricorso all’analogia, ma una precisa scelta del legislatore “che non ha inteso estendere agli altri ritratti la disciplina della riproduzione senza il consenso dell’autore prevista per i ritratti fotografici”. La sentenza osserva, nello specifico, nella motivazione (v. pag. 15) che “le altre norme della sezione seconda del capo IV della l.d.a. (artt. 96 e 97) che disciplinano il ritratto non si curano di specificare il tipo di opera in cui esso può essere eventualmente contenuto. Questo induce fondatamente a ritenere che se il legislatore ha previsto esclusivamente nel diritto fotografico il diritto di riproduzione senza il consenso dell’autore, vuol dire che voleva deliberatamente escludere da tale disciplina i ritratti contenuti in supporti diversi da quelli fotografici (come le opere pittoriche o scultoree)”.
La considerazione sub b) parte dalla premessa che le fotografie che ritraggono immagini di persone sono state presuntivamente inserite dal legislatore tra le fotografie semplici (art. 87, 1° comma, l.d.a.), con la specifica tutela limitata di durata ventennale, mentre per ottenere tutela autoriale piena, ex art. 2 n. 7 l.d.a., “è necessario dimostrare un quid pluris, il requisito della creatività, che ricorre allorquando la fotografia è il risultato della creazione intellettuale del suo autore, che non si è limitato ad una mera rappresentazione della realtà, ma ha trasmesso nello scatto la propria sensibilità, la propria particolare interpretazione della realtà, la propria personale elaborazione” (cfr. Cass., sent. 12 marzo 2004, n. 5089). Il requisito di creatività, declinato nell’opera fotografica, così come citato in sentenza, esprime un orientamento consolidato anche nella giurisprudenza di merito (cfr. ex multis: App. Milano 20 maggio 2013, n. 2065, DeJure Proprietà intellettuale; Trib. Roma 26 giugno 2017, ibid.; Trib. Venezia 19 dicembre 2008, ibid.).
Non si rinvengono, di contro, precedenti specifici con riguardo al ritratto scultoreo. In ciò, va pertanto valorizzato il riconoscimento nella sentenza qui riportata che: “l’opera scultorea è un opera che interpreta la realtà, non la riproduce in via di rispecchiamento con mezzo meccanico, sicché ogni rappresentazione che venga fatta con il mezzo della scultura costituisce opera d’arte, espressione di tecnica e sentimento del proprio autore”.
La pronuncia in esame ha un ulteriore pregio: quello di riflettere sulle nuove tecnologie e sulla riproducibilità tecnica, loro tramite, anche dell’opera scultorea, come è evidente dall’utilizzo diffuso di stampanti “3D” che consentono di realizzare facilmente una copia fedele di un qualsiasi oggetto tridimensionale. L’utilizzo di tali tecniche di riproduzione meccanica è indice di contraffazione, nel caso specifico, aggravata dalla riproduzione anche della firma dell’autore dell’originale. Come dire, la riproducibilità meccanica dell’opera scultorea rappresenta un ulteriore “sfregio” all’autore/scultore, che bene può difendere l’unicità e l’originalità della sua opera scultorea erga omnes, come è proprio della tutela autoriale piena.